Onorevoli Colleghi! - Nella presente relazione si analizza lo spinoso problema dei candidati del concorso per la nomina a notaio indetto con decreto dirigenziale 1o settembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 71 del 7 settembre 2004, e, cioè, di tutti coloro che, essendo stati giudicati sufficienti in tutte e tre le prove scritte, hanno riportato una votazione compresa fra il novanta e il centoquattro e non sono stati ammessi a sostenere le prove orali per non avere raggiunto il cosiddetto «punteggio di eccellenza», ormai abrogato dall'articolo 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, recante «Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell'articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246».
Il punteggio di eccellenza, in forza del quale ciascun candidato doveva ottenere in ciascuna prova almeno la sufficienza, contrassegnata, in base alla previgente normativa, con il punteggio di trenta e con il punteggio di almeno centocinque nelle tre prove complessive, è stato eliminato con il citato articolo 11 del decreto legislativo n. 166 del 2006 in quanto ritenuto ingiusto e anacronistico.
Esso era, infatti, giustificato quando il concorso notarile era tentato da un numero molto inferiore di candidati e le tracce concorsuali erano decisamente più brevi e semplici.
Attualmente la selezione concorsuale è effettuata tra migliaia di candidati, è operata
«2. Salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita idoneità.
3. Il giudizio di idoneità comporta l'attribuzione del voto minimo di trentacinque punti a ciascuna delle tre prove scritte».
Il legislatore ha voluto stabilire che non si consegue l'idoneità per l'attribuzione del voto di trentacinque ma, al contrario, il giudizio di idoneità comporta di per sé il punteggio di trentacinque.
In altre parole, se la commissione esaminatrice ha ritenuto sufficiente un candidato, questo giudizio di idoneità ha come effetto automatico e legale l'attribuzione del voto minimo di trentacinque a ciascun elaborato.
È chiaro come, nelle intenzioni del legislatore, il trentacinque svolga lo stesso ruolo di contrassegno di sufficienza dell'elaborato che, prima, era ricoperto dal punteggio di trenta, mutando esclusivamente il dato numerico di riferimento.
Né bisogna farsi fuorviare dalla circostanza che il menzionato articolo 24, secondo comma, del regio decreto n. 1953 del 1926, trattava di «minimo richiesto per l'approvazione» mentre il citato articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 166 del 2006, fa cenno al «giudizio di idoneità». È, infatti, chiaro che, in un caso e nell'altro, il legislatore ha voluto riferirsi alla sufficienza, al punteggio minimo per accedere alle prove orali, come è dimostrato dal fatto che anche lo stesso comma 3, dopo aver trattato di «giudizio di idoneità», fa riferimento a un «voto minimo».
Entrambe le normative, inoltre, fanno riferimento ai punti aggiuntivi che la commissione può assegnare ed è logico che un punteggio aggiuntivo, per essere tale, non può che accedere al minimo di base, alla sufficienza, con qualsiasi punteggio la si voglia contrassegnare.
Questa lettura della novella del 2006 trova conferma anche nei princìpi e nel testo delle disposizioni di cui all'articolo 7 della legge delega n. 246 del 2005 e dell'articolo 20 della legge n. 59 del 1997 (norme richiamate nel preambolo del citato decreto legislativo n. 166 del 2006); norme tutte che trovano un filo conduttore nell'esigenza di ammodernare l'ordinamento del notariato e di garantire, mediante le innovate procedure, la copertura in tempi rapidi delle innumerevoli sedi vacanti (necessità evidenziata da tempo da più parti - fra tutti si veda da ultimo il discorso in Parlamento del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e la nota del presidente del Consiglio nazionale del notariato - per cui il legislatore non poteva restare insensibile al problema).
Nello stesso senso si esprimono i pareri prodromici all'emanazione del decreto legislativo in commento e richiamati nel preambolo del documento normativo
«1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti norme:
a) l'articolo 1 del regio decreto 22 dicembre 1932, n. 1728;
b) gli articoli 13, 14, primo comma, 15, 16, 17, 19, ottavo comma, 22, 24 e 25 del regio decreto 14 novembre 1926, n. 1953;
c) il numero 22 dell'allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340»;
e che l'articolo 16, rubricato «Disposizione transitoria», al comma 2, recita:
«2. Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, comma 1, e 15 si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio».
Dalle norme appena citate quindi emerge a chiare lettere che dalla data di emanazione del primo bando di concorso successivo (e non dal primo concorso bandito successivamente) rispetto al decreto legislativo n. 166 del 2006, gli articoli 22 e 24 del regio decreto 14 novembre 1926, n. 1953, sono abrogati e si applicano le nuove disposizioni.
Il primo bando di concorso per notaio, successivo rispetto all'emanazione del predetto decreto legislativo, è stato bandito con decreto dirigenziale 10 luglio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 54 del 18 luglio 2006.
Pertanto dal 10 luglio 2006 i menzionati articoli 22 e 24 del regio decreto n. 1953 del 1926 non potevano essere più applicati, in quanto norme abrogate, e andava applicato l'articolo 11 del più volte citato decreto legislativo n. 166 del 2006.
Poiché alla data del 10 luglio 2006 il concorso in oggetto era in itinere, essendo stati corretti meno della metà degli elaborati dei candidati che avevano sostenuto la prova scritta, era obbligo della commissione esaminatrice applicare la nuova normativa concorsuale, unica disposizione vigente al momento (essendo le altre abrogate). Questo avrebbe significato l'applicazione del nuovo principio della sufficienza come idoneità, con la conseguente ammissione alle prove orali di tutti i candidati i cui compiti raggiungevano la sufficienza.
È evidente, si ribadisce, che il giudizio di sufficienza in ciascuna delle tre prove scritte, sia esso rappresentato con trenta o trentacinque punti, equivale a idoneità e, quindi, ad ammissione alle prove orali. Inoltre, il provvedimento con il quale sono stati individuati i candidati ammessi alla prova orale è del marzo 2007 e, quindi, la commissione esaminatrice non poteva non tenere conto del nuovo sistema entrato in vigore a luglio 2006, cioè da un anno.
Al riguardo appare indispensabile ricordare che il Consiglio di Stato, sezione quarta, già nella sentenza n. 4687 del 2006, così affermava: «(...) al fine di perimetrare l'oggetto della presente controversia, si ricorda che - come è noto - la disciplina del concorso notarile è stata di recente modificata dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, il quale risolve i problemi applicativi qui sorti equiparando, ai fini dell'ammissione all'orale, il voto di sufficienza a quello di idoneità (35 punti) e stabilendo (articolo 11 comma 5) che il giudizio di non idoneità è motivato mentre nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione. Tale nuova disciplina è però ovviamente inapplicabile ai concorsi sin qui svolti» (tale sentenza del Consiglio di Stato, difatti, venne resa in relazione al concorso del 2003 che si era definitivamente concluso).
Appare chiara, dunque, la disparità di trattamento tra i candidati che, rispetto a quanti prenderanno parte ai successivi concorsi, hanno avuto nei concorsi citati un giudizio utile per essere ammessi agli esami orali.
Tale disparità di trattamento rileva della non ammissione agli orali, pur avendo detti candidati riportato la sufficienza